
OMS e nuovo patto globale sulle pandemie: l’Italia si defila
mercoledì 21 maggio 2025 ore 09:25
È finalmente arrivato il via libera al nuovo Accordo pandemico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Dopo tre anni di negoziati serrati, figli della traumatica esperienza del Covid-19, 124 Paesi hanno detto "sì" a un piano pensato per rendere il mondo più preparato e coeso di fronte a future emergenze sanitarie. Nessun voto contrario, ma 11 astenuti, e tra questi il nostro Paese. Una mossa che ha il sapore di una presa di distanza, pur in un contesto dove le garanzie sulla sovranità nazionale sembravano messe nero su bianco.
Ma di cosa si tratta esattamente? E perché l’Italia, pur riconoscendo l’importanza del piano, ha scelto di non appoggiarlo pienamente?
Un piano nato “in tempo di pace”, dopo la lezione del Covid
L’accordo approvato a Ginevra rappresenta una delle risposte più ambiziose della comunità internazionale alle lacune emerse durante la pandemia da Covid-19. L’obiettivo principale è chiaro: farsi trovare preparati, coordinati e solidali di fronte a una nuova eventuale minaccia pandemica.
Non si tratta di un’imposizione centralizzata, ma di un patto multilaterale che rispetta la sovranità nazionale. Nessuno Stato sarà obbligato a imporre lockdown, vaccinazioni o restrizioni. Il documento sottolinea, infatti, che l’OMS non potrà in alcun caso “dirigere, modificare o prescrivere” le politiche sanitarie interne dei Paesi membri.
Perché l’Italia si è astenuta? Tra sovranità e scetticismo
La scelta dell’Italia di astenersi (condivisa con Paesi come Russia, Iran, Israele, Polonia e Slovacchia) è motivata dalla volontà di difendere il principio di sovranità sanitaria nazionale. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha espresso fin dall’inizio perplessità sul rischio di “esternalizzare la gestione” di una futura emergenza pandemica.
Tuttavia, questa posizione ha alimentato il dibattito. Molti esperti, tra cui l’infettivologo Matteo Bassetti e l’ex presidente dell’ISS Walter Ricciardi, hanno espresso disappunto: “Non avrei voluto che il nostro Paese si trovasse allineato con Stati che spesso si oppongono al multilateralismo scientifico”, ha dichiarato Bassetti.
Cosa prevede l’accordo OMS: tra equità e prevenzione
L’accordo introduce importanti strumenti di cooperazione, tra cui:
- sistema PABS (Pathogen Access and Benefit Sharing). Un meccanismo per la condivisione dei patogeni emergenti e l’equa distribuzione dei benefici derivanti, come vaccini e terapie;
- accesso rapido al 20% della produzione delle aziende farmaceutiche aderenti, che dovranno riservare una quota in tempo reale per l’OMS da destinare ai Paesi in difficoltà;
- istituzione della rete GSCL (Global Supply Chain and Logistics Network). Una catena logistica globale per garantire forniture rapide, sicure e accessibili a livello planetario, soprattutto ai Paesi a basso reddito.
Si tratta dunque di un modello che punta sull’equità, rafforzando la prevenzione globale e l’accesso tempestivo a strumenti salvavita.
La ratifica: il percorso è solo all’inizio
L’accordo entrerà in vigore solo dopo la ratifica da parte di almeno 60 Paesi. Ogni Stato dovrà quindi valutare internamente l’adesione formale. Il prossimo passo sarà la definizione dell’allegato PABS, il cui contenuto verrà discusso alla prossima Assemblea mondiale della sanità.
Fino a quel momento, nulla sarà vincolante. Ma i contenuti dell’accordo delineano già una nuova visione di sanità pubblica internazionale, basata sulla cooperazione e sulla trasparenza.
Perché questo accordo è importante (anche per l’Italia)
Se c’è una lezione che il Covid-19 ci ha lasciato è che nessun Paese può salvarsi da solo. Le pandemie non conoscono confini. Ritardi nelle risposte, disuguaglianze nell’accesso ai vaccini, mancanza di coordinamento: tutto ciò ha amplificato la gravità della crisi sanitaria del 2020-2022.
Accordi come quello promosso dall’OMS servono proprio a evitare un bis. Consentono di:
- prevenire piuttosto che rincorrere l’emergenza;
- condividere dati e risorse in tempo reale;
- evitare le disuguaglianze sanitarie, soprattutto per i Paesi più fragili;
- favorire un sistema più equo, dove la salute globale è una responsabilità condivisa.
Riflessioni conclusive: cooperazione e cautela, un equilibrio delicato
L'astensione italiana sull'Accordo Pandemico OMS è un segnale complesso. Da un lato, riflette una legittima preoccupazione per la salvaguardia della sovranità nazionale, un tema caro all'attuale governo. Dall'altro, solleva interrogativi sul ruolo dell'Italia nel consesso internazionale e sulla sua volontà di abbracciare pienamente strumenti di cooperazione globale in un ambito, quello della salute, che per sua natura trascende i confini.
Mentre il mondo cerca di dotarsi di armi più efficaci contro future pandemie, la sfida sarà trovare il giusto equilibrio tra la sacrosanta autonomia decisionale di ogni Stato e l'imprescindibile necessità di agire insieme. Perché, come il Covid ci ha brutalmente insegnato, nessun Paese, per quanto forte o isolato, può dirsi veramente al sicuro da solo. Il dibattito è aperto, e il percorso per rendere questo accordo una realtà concreta e universalmente accettata è appena iniziato. L'Italia, ora "osservatrice interessata", avrà modo di riconsiderare la sua posizione o di contribuire dall'esterno? Solo il tempo, e le future scelte politiche, potranno dirlo.