
Nuovo studio: l'attività fisica riduce le recidive del cancro al colon
giovedì 05 giugno 2025 ore 17:15
Una diagnosi di cancro al colon-retto è una di quelle notizie che ti cambiano la vita, facendoti sentire come se il terreno ti franasse sotto i piedi. È il terzo tumore più diagnosticato al mondo e, purtroppo, la seconda causa di morte per cancro. Un nemico subdolo e spaventoso. Dopo il tour de force di chirurgia, radioterapia e chemioterapia, la domanda che ronza in testa a ogni paziente è: "e adesso? Come posso evitare che ritorni?". La risposta, amici miei, potrebbe essere più semplice e accessibile di quanto pensiate, e risiedere in un alleato sorprendente: l'esercizio fisico.
Sì, avete letto bene. Non stiamo parlando di una pozione magica, ma di un programma di attività fisica strutturato che, secondo recenti e importantissime ricerche, potrebbe rivelarsi altrettanto, se non più, efficace di alcuni trattamenti farmacologici nel prevenire le tanto temute recidive del cancro al colon. E la parte migliore? Con molti meno effetti collaterali!
Lo studio CHALLENGE: una svolta epocale nella lotta al cancro al colon
Uno nuovo studio, chiamato CHALLENGE (Colon Health and Lifelong Exercise Change), ha coinvolto quasi 900 pazienti coraggiosi, provenienti da Canada, Australia, Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Tutti i partecipanti avevano combattuto un tumore al colon di stadio II ad alto rischio o III, affrontando l'intervento chirurgico e la chemioterapia adiuvante (quella che si fa dopo l'operazione per "pulire" eventuali cellule residue). L'età media era di 61 anni, e la maggior parte, prima dello studio, non faceva più di 150 minuti di attività fisica a settimana.
Questi pazienti sono stati divisi in due gruppi:
- il gruppo "esercizio". 445 persone, supportate per 3 anni da un consulente certificato, ha seguito un programma di esercizio aerobico personalizzato. L'obiettivo? Raggiungere l'equivalente di 3-4 passeggiate a passo svelto di 45-60 minuti a settimana. Un impegno fattibile, no?
- il gruppo "educazione sanitaria". 444 persone che hanno ricevuto materiale informativo generico su stili di vita sani.
I risultati, pubblicati sul prestigioso The New England Journal of Medicine (NEJM) e presentati al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO), sono a dir poco sbalorditivi. Dopo un follow-up medio di quasi 8 anni:
- i pazienti del gruppo "esercizio" hanno mostrato una riduzione del rischio di recidiva del 28% rispetto al gruppo di controllo;
- ancora più incredibile, il rischio di morte per qualsiasi causa è crollato del 37% nel gruppo attivo;
- la sopravvivenza libera da malattia a 5 anni? 80,3% per chi si muoveva, contro il 73,9% per gli altri. A 8 anni, la sopravvivenza globale era del 90,3% contro l'83,2%.
Christopher Booth, oncologo e autore principale dello studio, ha definito questi dati "clinicamente rilevanti", sottolineando come sia il primo studio randomizzato di fase 3 a dimostrare con rigore scientifico che l'esercizio fisico post-trattamento non solo è fattibile, ma migliora concretamente gli esiti oncologici.
Esercizio fisico: "meglio di un farmaco"?
La Dottoressa Julie Gralow, Chief Medical Officer dell'ASCO, ha persino suggerito che l'esercizio fisico potrebbe essere "meglio di un farmaco" per i pazienti oncologici. Attenzione, però: come ha precisato la stessa Dottoressa Gralow, non si tratta di abbandonare le terapie farmacologiche necessarie, ma di considerare l'enorme beneficio dell'esercizio in termini di riduzione di recidive e mortalità, senza gli effetti collaterali spesso pesanti dei farmaci.
Pensateci: gli "effetti collaterali" dell'esercizio sono quasi tutti positivi! Come sottolineato da Kerry S. Courneya, altro autore dello studio, si diventa più in forma, più forti, si riducono fatica e depressione, e diminuisce il rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre, un programma di esercizio supervisionato può costare tra i 3.000 e i 5.000 dollari canadesi, cifre irrisorie se paragonate ai 10.000 o addirittura 100.000 dollari di alcuni farmaci antitumorali.
Come agisce l'esercizio? I meccanismi (ancora) misteriosi ma promettenti
Ma come fa una semplice camminata a combattere un nemico così temibile? I ricercatori stanno ancora indagando i meccanismi biologici precisi, analizzando campioni ematici raccolti durante lo studio CHALLENGE. Le ipotesi più accreditate suggeriscono che l'attività fisica possa:
- modulare il sistema immunitario, rendendolo più efficiente nel riconoscere e distruggere le cellule tumorali residue;
- ridurre l'infiammazione cronica, un terreno fertile per la crescita tumorale;
- migliorare il metabolismo e la sensibilità all'insulina, fattori implicati nello sviluppo di diversi tipi di cancro;
- Influenzare positivamente il microbiota intestinale, il cui ruolo nella salute e nella malattia è sempre più evidente.
Indipendentemente dal meccanismo esatto, i risultati parlano chiaro: muoversi fa la differenza!
Dalla ricerca alla realtà: integrare l'esercizio nelle cure oncologiche
Il punto debole resta l’adesione. Molti pazienti, soprattutto oncologici, faticano a inserire l’attività fisica nella propria routine. Fatica, dolore, depressione, mancanza di motivazione o supporto sono solo alcuni degli ostacoli.
Ecco perché è fondamentale integrare i programmi di attività fisica nei piani di cura, con il coinvolgimento di operatori sanitari, fisioterapisti e personal trainer specializzati. Il supporto continuativo, anche solo telefonico o virtuale, può fare una grande differenza nella continuità e nell’efficacia dell’attività. Joe Henson, che ha condotto le sessioni di esercizio a Leicester, ha sottolineato, infatti, la necessità di un supporto personalizzato, perché molte persone incontrano ostacoli nel mantenere una routine di attività fisica.
La soluzione? Probabilmente risiede in un approccio multiforme:
- prescrizione dell'esercizio. I medici oncologi dovrebbero "prescrivere" l'attività fisica come parte integrante della terapia;
- supporto continuativo. Trovare modi alternativi per sostenere i pazienti, magari con tecnologie digitali, app, o gruppi di supporto, che non richiedano necessariamente visite continue in clinica ma forniscano incoraggiamento regolare;
- educazione e consapevolezza. Far capire ai pazienti che l'esercizio non è un "optional" ma una componente cruciale del loro percorso di guarigione e benessere a lungo termine.
Riflessioni conclusive. Un messaggio di speranza e azione concreta
Questo studio apre le porte a un concetto più ampio di medicina personalizzata, in cui lo stile di vita non è un complemento, ma un pilastro della terapia. Non si tratta solo di “muoversi di più”, ma di inserire l’attività fisica in un percorso strutturato, supportato e monitorato.
Se tu o una persona cara state affrontando o avete affrontato un cancro al colon, queste notizie sono un raggio di sole potentissimo.
Cosa puoi fare, concretamente?
- parla con il tuo oncologo. Discuti della possibilità di integrare un programma di attività fisica nel tuo piano di recupero;
- inizia gradualmente. Non devi diventare un maratoneta da un giorno all'altro. Anche piccole sessioni di camminata, nuoto o cyclette possono fare la differenza. L'importante è la costanza;
- cerca supporto. Un fisioterapista specializzato in oncologia, un personal trainer con esperienza, o anche “gruppi di cammino” possono darti la motivazione e le indicazioni giuste;
- ascolta il tuo corpo. Rispetta i tuoi limiti, soprattutto all'inizio e durante le terapie.
Questo studio non ci dice solo che l'esercizio fisico è utile. Ci dice che è potenzialmente rivoluzionario nel modo in cui affrontiamo il recupero dal cancro al colon. È un invito a riappropriarci del nostro corpo, a renderlo più forte e resiliente, trasformando un'attività quotidiana in un potentissimo strumento di prevenzione e sopravvivenza. La ricerca continua, ma il messaggio è già forte e chiaro: muoviti, perché il tuo futuro potrebbe dipendere anche da questo. E questa, amici, è una notizia che merita di essere diffusa.