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PARLIAMO DI OBESITÀ

Con sempre maggiore frequenza, siamo coinvolti direttamente o indirettamente da questo fenomeno dalle proporzioni in crescente aumento. Già, perché di aumento si tratta. Sempre più persone diventano grasse e le cause di ciò sono varie e in parte non del tutto chiarite.

Annoveriamo tra i fattori di rischio l’ereditarietà: numerosi studi scientifici confermano, infatti, il ruolo di primo piano dei geni nel determinare il peso corporeo dei bambini.

Moltissime persone ingrassano però indipendentemente da quanto sopra detto e allora subentrano come “cause scatenanti” un’alimentazione non sana e troppo abbondante rispetto al fabbisogno e, di sicuro, una inadeguata attività fisica, come conseguenza di una sedentarietà sin troppo vissuta.
Solitamente si diventa “obesi”, ingrassando di qualche chilo all’anno, determinando nel lungo periodo un vero e proprio disagio fisico e psicologico, con delle ripercussioni sulla vita sociale che portano a parlare di “weight bias”- pregiudizi sul peso, espressione adottata per indicare quegli atteggiamenti negativi che si ripercuotono sulle relazioni sociali e interpersonali.
Capita con fin troppa frequenza, infatti, che a una persona derisa a causa del sovrappeso o dell’obesità, vengano attribuiti preconcetti e giudizi negativi che aumentano ineluttabilmente la possibilità che essa si imbatta in trattamenti ingiusti e nel rischio di subire discriminazioni, il che, purtroppo, capita con enorme frequenza anche tra bambini e adolescenti.
Proprio riguardo all’obesità infantile, le raccomandazioni dell'OMS e del Ministero della Salute fanno un chiarissimo riferimento alla prevenzione, a una corretta nutrizione, al ruolo della famiglia e all'importanza di un’attività fisica costante.
Ma esiste una terapia contro l'obesità? Molti studi hanno dimostrato che mirare al sintomo e quindi alla riduzione del peso può non rappresentare la soluzione giusta e anzi portare la persona obesa a sperimentare sulla propria pelle i pericolosi stati di oscillazione del peso corporeo.

E allora come intervenire? La “terapia” deve innanzi tutto tendere a raggiungere la consapevolezza del proprio corpo, delle sensazioni che da esso provengono, della capacità di discriminarle. Se non si raggiunge questo obiettivo primario, con tutta probabilità, ogni dimagrimento sarà destinato a fallire.
La terapia - visto il fallimento frequente delle diete- va oltre la dieta stessa. Mira non ai chili ma alla persona stessa che è fatta di esperienza, di memoria, di idee e di forti convinzioni che vanno spesso analizzate e rielaborate.

E allora è necessario mettere in atto un vero lavoro di squadra che coinvolga più specialisti, poiché bisogna coordinare lavoro psicologico, professionalità del medico curante unitamente al nutrizionista. Talvolta sarà necessaria una vera e propria educazione alimentare, per le persone interessate e per i familiari. Il tutto volto a stare bene, nel corpo e nella mente, perché un corpo che funziona bene è fondamentale per una mente sana.

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