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SPRECO ALIMENTARE O INVESTIMENTO?

 

A cura della 
Dott.ssa Gilda De Giorgi 

Psicoterapeuta e psicologa clinica, specializzata in salute 
relazioni familiari e interventi di comunità 

Maglie  

 

VERSO UNA LETTURA PSICOLOGICA DEGLI SPRECHI ALIMENTARI

Questo articolo nasce con l’intento di condividere una nuova realtà progettuale, frutto della collaborazione dell’Ambito Territoriale Sociale di Maglie, cui direttore del consorzio la Dott.ssa A. De Carolis e da LaboratorioMAP, società di consulenza locale per la progettazione sul territorio, cui fondatore e amministratore delegato il Dr. G. Pugliese. L’attenzione verso il tema Spreco Alimentare è portatrice di una sensibilità posta al servizio del territorio salentino, alla ricerca di soluzioni che vadano a potenziare una cultura ecosostenibile, già circolante in maniera residua.

immagine stilizzata di un bambino che allattaIl tema scelto è considerato oggi una vera e propria piaga sociale, riguardante principalmente l’Occidente. Trattasi di un fenomeno che si realizza attraverso la perdita di generi alimentari per l’uomo, prodotti ma non consumati e spesso neanche riciclati. I dati raccolti dai vari osservatori preposti, parlano di uno spreco di circa il 30% della produzione. Avvicinandoci alla nostra realtà territoriale, il progetto Reduce, promosso dall’Ambiente/Università di Bologna Distal chiarisce come i 4/5 dello spreco avvengano tra le mura domestiche di noi italiani e il restante in filiera, fino a raggiungere il dato importante di 15 miliardi l’anno di perdita.

Il mio ruolo all’interno del progetto lo sintetizzo attraverso una lettura psicologica del fenomeno, al servizio di un comune intento, che in primis è dedicato alle scuole. Contenitore fertile da cui partire per operare se non una vera e propria rivoluzione, insinuare un dubbio, un pensiero critico, che possa influenzare l’agire quotidiano. Posto che l’utenza diretta è rappresentata dagli alunni, si opera pensando ad un effetto cascata nelle realtà domestiche.

La mia riflessione cerca di agganciare il tema attraverso una lettura che sposta il focus da un livello macro sociale, costituito dalle grandi produzioni e distribuzioni, ad un livello micro, rappresentato dalle famiglie. Per essere maggiormente esplicativa, definisco la coppia genitoriale come produttori e i figli come consumatori. All’interno dello scambio familiare si realizza la dinamica di accudimento, tarata sulla capacità di prestare cura e attenzione a persone poste in una situazione di bisogno. L’accudimento genitore figlio è una dinamica largamente sviscerata lungo gli studi di psicologia, rilevante in quanto struttura che sedimenta gli stili relazionali di ciascuno di noi, quindi la modalità attraverso cui entriamo in rapporto con il mondo, oltre che definire parte della nostra personalità, individualità (Bowlby, 1982-1969).il contorno di un cuore rosso fatto con un pennello all'interno del quale c'è disegnata, a matita, una mamma che allatta suo figlio L’accudimento per i figli, passa attraverso diverse variabili, come quella del nutrimento, che va dalla poppata al calore di un abbraccio, da una dimensione fisica, a una emotiva, per approdare a quella psichica. Tanto l’agito quanto le intenzioni ad esso sottese assumono un duplice valore per gli attori coinvolti. Il nutrimento per il consumatore, quindi per il figlio, risponde ad un bisogno di regolamentazione delle funzioni di base vitali e metaboliche. Attraverso i movimenti genitoriali il figlio può soddisfare i propri bisogni, ma anche imparare a definirli, attraverso una immagine di sé che viene a costruirsi di paripasso con gli stili genitoriali. Attraverso tali passaggi e strutturazioni, attraverso la regolamentazione, basata sulla disponibilità fisica e psichica della coppia genitoriale, il bambino regola le proprie funzioni di base, acquisendo nel tempo, pasto dopo pasto, maggiori gradi di libertà, che nel processo della crescita implicano il passaggio da una totale dipendenza a una forma di auto regolazione. Attraverso il gioco di vicinanza-distanza della coppia genitoriale, di nutrimento e astinenza, il figlio può definire l’apparato relativo a percezioni e sensazioni, che costruiscono la consapevolezza del proprio corpo. Ponendo ora l’accento sul secondo attore coinvolto, ossia la coppia genitoriale, nell’espletare tale compito, oggi dovere per legge, il produttore può testare la propria potenza e la propria efficacia genitoriale nell’esercitare il suo ruolo. Tale sensazione non è solo tarata sul godimento dell’oggetto scambiato nel nutrimento, ma già nella preparazione e presentazione dell’oggetto di cura, che in qualche modo sgancia l’agito da un piano relazionale e di scambio e si riduce ad una individuazione e stereotipizzazione del ruolo di accudimento. Quando il genitore anticipa il bisogno di un figlio e/o crea uno scarto tra ciò che sarebbe necessario al soddisfacimento dello stesso e ciò che viene effettivamente prodotto, può insinuare una dinamica affettiva e relazionale del “non è mai abbastanza”. Ed ecco il surplus enogastronomico all’interno delle mura domestiche. Il desiderio di appagare ed essere in grado di farlo supera il desiderio di essere appagato. D'altronde, da un punto di vista culturale, ciò che genera potenza è il potere di acquisto, quindi di possesso, non il potere di consumo. Tradotto in un esempio, se posso permettermi 3 giocattoli per mio figlio, perché dovrei comprarne 1 solo? Oppure, ritornando al cibo, se posso imbandire una tavola quotidianamente con tanti e diversi generi alimentari, perché limitarmi ad un piatto di pasta asciutta? Ma è veramente necessario? È desiderato da mio figlio? Lo spreco alimentare, almeno secondo la mia riflessione, situato nello scambio domestico, è mutuato da un carico affettivo importante e non solo dal bisogno della fame. Il surplus è il plusvalore dell’investimento quasi senza limiti, che va oltre la contezza delle necessità reali, talvolta, come spiegato, anche affettive.

Per tali ragioni, lavorare nelle scuole su questo tema, può significare potenziare i gradi di libertà propri del processo di crescita, quindi lo sviluppo di un’autoregolamentazione, che porti a piccole revisioni a margine dello scambio affettivo, con una rivendicazione e puntualizzazione di ciò che serve veramente al proprio soddisfacimento, fisico e psichico, e che sia tarato su un la e allora che esca fuori dalle mura domestiche, per rivolgersi all’ambiente.

G. Crocetti, “Legami imperfetti. Psicodinamica delle relazioni d’amore.”, Roma, Armando editore, 1997.
J. Bowlby, “Una base sicura. Applicazioni cliniche della Teoria dell’attaccamento.”, Milano, raffaello Cortina Ed., 1988.

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