Donna seduta su un pontile mentre guarda il mare

Caldo, ansia e attacchi di panico: l'incubo dell'estate

Caldo e umidità? No grazie! Sono in molti quelli che contano le ore che ci separano dal termine della stagione estiva, specie tutte le persone che soffrono di ansia e attacchi di panico, per le quali, spesso, l'estate è un vero incubo.

Le condizioni climatiche tipicamente estive, quali l’afa, l'umidità, l’aria surriscaldata (che mantiene al suolo le sostanze inquinanti), la cappa irrespirabile che ne consegue e la scarsa ventilazione contribuiscono all’insorgenza di situazioni per nulla gradevoli che possono far pensare, di primo acchito, a manifestazioni ansiose. Vediamo quali sono i sintomi che possono insorgere:

•    Fame d'aria;
•    Spossatezza;
•    Stanchezza;
•    Capogiri;
•    Tachicardia;
•    Svenimenti;
•    Sudorazione;
•    Sensazione di vuoto;
•    Calo pressorio.

 

Indice

 

Situazioni a rischio

Queste manifestazioni non vengono riconosciute per quel che sono e portano la mente a entrare in una sorta di “stato di allerta” caratterizzato dalla paura che si verifichi la situazione tanto temuta: l'attacco di panico. Proprio a questo proposito prestigiosi esperti in psichiatria l’hanno definito “ una bugia della mente”.

Vediamo insieme quali sono le situazioni a rischio :

  • I luoghi affollati: rappresentano una vera e propria “prigione” per la mente. Fame d'aria, respirazione affannosa e sensazione di non disporre di immediate vie di fuga sono le manifestazioni ansiose più ricorrenti;
  • Mezzi di trasporto non dotati di una buona areazione: capita spesso che in metropolitana, su un bus o un tram, il soggetto ansioso viva le sue paure in maniera amplificata, complice la cattiva ossigenazione e l'odore sgradevole emanato dagli impianti di scarico;
  • Spazi aperti: specie di giorno, e con il sole cocente, chi soffre della tanto temuta “agorafobia”, vive male il doversi cimentare in tragitti a piedi,  dove, complice il clima afoso, possono verificarsi improvvisi capogiri e sudorazione forte . Sintomi assolutamente nella norma, ma il cervello li legge come pericoli e sopraggiunge l'ansia.

 

Qual è il filo conduttore di queste situazioni? Cos'è che fa star male?

Possiamo affermare senza dubbio che sia proprio la paura preventiva che insorga il panico che fa vivere male il soggetto interessato. Quest'ultimo, proprio per mettersi al riparo, mette in atto tutta una serie di comportamenti, volti a evitare le situazioni a rischio.

Ci si rinchiude in casa, si evitano i luoghi chiusi e affollati, o quelli troppo aperti, si consultano le previsioni meteo per tenere sotto controllo la situazione e, infine, si concentra l’attenzione su ogni possibile sintomo, su qualsiasi avvisaglia che possa far presagire l'insorgenza dell'attacco di panico al fine di prevenirlo.  Tutto questo può già provocare di per sé un’ansia anticipatoria, ossia la paura che si verifichi un attacco di ansia, che, spesso, costituisce il preludio dell’ansia stessa.

Va detto che i meccanismi di evitamento, a lungo andare, sono dannosi, perché rischiano di invalidare e inficiare la qualità della vita del soggetto ansioso, il quale non vive serenamente le sue giornate per paura che si scateni improvvisamente  il tanto temuto attacco di panico.

L'estate, e più in generale il clima caldo e umido, provocano ancora maggiore malessere, proprio per l’amplificarsi della sintomatologia. Risultato? È il periodo più frustrante e faticoso dell'anno, un periodo che dovrebbe, invece, garantire maggior relax.

 

Una testimonianza di un nostro lettore

Abbiamo raccolto, a questo proposito, la testimonianza di un nostro lettore, di cui vi riportiamo le parole:

“Con il sopraggiungere dell'estate la mia ansia saliva. Ho vissuto per anni con l’incubo del panico e mi sono precluso tante possibilità,  tanti momenti di vita piacevoli. La mia mente era sempre proiettata al pericolo, il mio agosto era un continuo evitare situazioni a rischio: mi tranquillizzava solo stare a casa o in luoghi che ritenevo sicuri e dove ci fosse il condizionatore d'aria. Prima di accettare un invito o andare in un posto mi dovevo accertare che l'aria fosse climatizzata e che il tragitto per raggiungerlo, non mi esponesse a sforzi eccessivi.

La situazione non accennava a migliorare. Mia moglie esasperata, mi impose un aut-aut e si mise alla ricerca di un buon psicoterapeuta. Fu la mia salvezza”.

Questa testimonianza ci trasmette un preciso messaggio, quello, cioè, che chiedere aiuto a un terapeuta, sia la scelta migliore: la terapia cognitivo comportamentale è una risorsa da sfruttare, è un aiuto validissimo per riprendere in mano la propria vita.

L’ideale sarebbe ricorrervi prima di raggiungere situazioni limite in cui il malessere è molto forte ma i fenomeni ansiosi vengono sottovalutati, perché si pensa di poterli gestire autonomamente o perché l'orgoglio e i pregiudizi portano a considerare svilente l’aiuto altrui. E invece l'esperienza ci insegna che non è affatto così!

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