
Adolescenti e dipendenze: social, farmaci e azzardo
Un'onda silenziosa, ma non per questo meno impetuosa, sta travolgendo le nuove generazioni. Parliamo di dipendenze, un universo complesso che oggi assume contorni inediti, sfidando genitori, educatori e la società intera. Se un tempo i fantasmi principali erano alcol e droghe "classiche", oggi lo scenario si è frammentato in una miriade di nuove trappole, spesso mascherate da innocue abitudini o facili soluzioni a un disagio sempre più palpabile. Questo non è un grido d'allarme fine a sé stesso, ma un'analisi basata su dati recenti.
Indice
- il panorama mutevole delle dipendenze
- la farmacia casalinga e l'illusione del controllo
- azzardo: quando il gioco diventa una febbre incontrollabile
- il fumo cambia pelle: dalla sigaretta tradizionale al "policonsumo"
- cannabis e cocaina: vecchie conoscenze, nuovi pattern di consumo
- il mondo digitale: social media e videogiochi, rifugio o prigione?
- il disagio sottostante: quando la dipendenza è un sintomo
- cosa possiamo fare?
- riflessioni conclusive. Un futuro da scrivere insieme, con coraggio e speranza
Il panorama mutevole delle dipendenze: addio vecchi schemi, benvenute nuove sfide
I numeri parlano chiaro, e il recente Rapporto ESPAD 2024 (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs), coordinato dall'Istituto di fisiologia clinica del CNR, insieme ai dati dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), dipinge un quadro preoccupante e in rapida evoluzione. Se da un lato assistiamo a un calo nel consumo di alcol e sigarette tradizionali tra gli adolescenti europei (un risultato "storico" come sottolineato da Sabrina Molinaro, coordinatrice ESPAD) dall'altro, nuove sirene ammaliatrici stanno guadagnando terreno.
È come se il "mercato" delle dipendenze si fosse adattato, proponendo alternative più subdole, più socialmente accettate o, peggio ancora, percepite come meno rischiose. La Generazione Z, come evidenziato da S. Molinaro, è meno incline alle uscite tradizionali. Questo cambiamento nello stile di vita potrebbe spiegare, in parte, il calo del consumo occasionale di alcune sostanze.
Cosa sta succedendo, quindi? Stiamo assistendo a una diversificazione delle dipendenze, un fenomeno che potremmo definire "liquido", capace di infiltrarsi nelle pieghe della quotidianità giovanile.
La farmacia casalinga e l'illusione del controllo: psicofarmaci senza ricetta
L'allarme più forte arriva, forse, dall'uso di psicofarmaci senza prescrizione medica. Tranquillanti, sedativi, antidolorifici, e persino farmaci per l'attenzione e l'iperattività (come il metilfenidato), diventano strumenti per "gestire" ansia, inadeguatezza, stress scolastico o per potenziare lo "sballo" in combinazione con altre sostanze. Il Rapporto ESPAD 2024 evidenzia che in Italia l'11% degli adolescenti (15-16 anni) ne ha fatto uso (media europea al 14%). Particolarmente significativo è l'aumento dell'uso di tranquillanti e sedativi, passato dal 4,3% nel 2019 al 6,3% nel 2024, con una prevalenza femminile (7,9% contro il 4,2% maschile). Le ragazze, inoltre, li utilizzano anche con la speranza, spesso illusoria e pericolosa, di dimagrire.
La facile reperibilità di questi farmaci (spesso trovati nell'armadietto dei medicinali di casa) è un fattore cruciale. Questo "fai-da-te farmacologico" è estremamente pericoloso: non solo per gli effetti collaterali e il rischio di sovradosaggio, ma perché impedisce una diagnosi corretta del disagio sottostante. L'ansia, la tristezza, la difficoltà di concentrazione non sono "nemiche" da sedare chimicamente a caso, ma segnali che il nostro sistema mente-corpo ci invia. Sopprimerli con un farmaco non prescritto è come togliere la batteria a un allarme antincendio mentre la casa brucia.
L'ansia giovanile e il paradosso della "performance"
Dal punto di vista psicologico, l'aumento dell'ansia tra i giovani è un fenomeno complesso. Viviamo in una società che esalta la performance, la perfezione, la visibilità costante (spesso filtrata e idealizzata dai social). La pressione per essere sempre "al top" (a scuola, nello sport, nelle relazioni) può diventare schiacciante. I farmaci ansiolitici, in questo contesto, possono sembrare una scorciatoia per "funzionare" meglio, per silenziare quella voce interiore che urla "non ce la faccio". Ma è un'illusione! L'ansia non gestita, ma solo sedata, tende a cronicizzarsi e a richiedere dosi sempre maggiori, innescando un circolo vizioso.
Azzardo: quando il gioco diventa una febbre incontrollabile
Un altro fronte caldissimo è quello del gioco d'azzardo. E qui, purtroppo, i ragazzi italiani sembrano detenere un triste primato. Secondo l'ESPAD, nel 2024 ben il 44,8% degli studenti italiani di 15-16 anni ha praticato gioco d'azzardo, un balzo enorme rispetto al 28% del 2015 e al 32% del 2019. Parliamo di scommesse sportive, slot machine (anche online), gratta e vinci. L'accessibilità tramite smartphone ha abbattuto ogni barriera, rendendo l'azzardo disponibile 24/7.
Il meccanismo psicologico alla base è potente. La scarica di adrenalina, l'illusione di un guadagno facile, la possibilità di sfidare la sorte. Per un adolescente in cerca di emozioni forti o di una via di fuga dalla noia o dalle frustrazioni, può essere una tentazione irresistibile. Il problema è che il confine tra gioco occasionale e dipendenza patologica (Gioco d'Azzardo Patologico - GAP) è sottilissimo e facile da oltrepassare, soprattutto quando la corteccia prefrontale, deputata al controllo degli impulsi e alla valutazione delle conseguenze, è ancora in pieno sviluppo.
Il fumo cambia pelle: dalla sigaretta tradizionale al "policonsumo"
I dati dell'ISS sulla giornata mondiale senza tabacco sono un pugno nello stomaco. Se il fumo di sigaretta tradizionale mostra una lenta riduzione tra gli adulti, i nuovi prodotti a base di nicotina e non solo (sigarette elettroniche, prodotti a tabacco riscaldato - HTPs, nicotine pouches) stanno dilagando tra i giovanissimi, annullando di fatto i progressi fatti.
Parliamo di:
- 7,5% degli studenti tra 11 e 13 anni che fuma o svapa;
- percentuale che schizza al 37,4% tra i 14-17enni (circa 865.000 ragazzi).
Il fenomeno più allarmante è il "policonsumo", cioè l'utilizzo combinato di più prodotti. Tra gli 11-13enni è passato dal 26% nel 2022 al 45,5% nel 2025 (dato proiettato per l'anno scolastico in corso). Tra i 14-17enni, dal 38,7% al 70,7%. Le ragazze superano i ragazzi nel consumo nelle scuole superiori (42,1% vs 32,2%).
Le e-cigarette sono particolarmente popolari, con esordi sempre più precoci. Preoccupa l'uso di liquidi contenenti nicotina (86,8% dei consumatori 14-17enni). Emergono anche le bustine di nicotina, provate dall'8,2% dei 14-17enni, più del doppio rispetto al 2024 (3,8%).
Il marketing aggressivo, i gusti accattivanti, la percezione (errata) di minor dannosità rispetto alle sigarette tradizionali e, non ultimo, l'effetto "moda" e l'influenza dei pari contribuiscono a questa diffusione. Ma la nicotina, in qualunque forma venga assunta, crea una forte dipendenza, specialmente in un cervello giovane.
Il cavallo di troia dei "nuovi prodotti"
Molti giovani iniziano a usare e-cig o HTPs pensando che siano "più sicuri" o un modo per smettere di fumare. In realtà, l'esposizione precoce alla nicotina può:
- sensibilizzare il cervello ad altre sostanze d'abuso;
- danneggiare lo sviluppo cerebrale, influenzando apprendimento, memoria e attenzione;
- introdurre sostanze chimiche potenzialmente dannose nei polmoni.
Cannabis e cocaina: vecchie conoscenze, nuovi pattern di consumo
L'uso di cannabis, pur rimanendo la sostanza illegale più diffusa, mostra un calo nell'utilizzo occasionale in Italia (18% degli adolescenti nel 2024 contro il 27% nel 2019, secondo ESPAD). Tuttavia, la percentuale di chi rischia di sviluppare dipendenza (5,2%) rimane stabile. Questo suggerisce che chi la usa in modo problematico continua a farlo, forse anche a causa di una minore percezione del rischio.
Preoccupa invece l'aumento del consumo di cocaina, anche tra i giovanissimi e talvolta come prima sostanza. Virgilio Albertini di San Patrignano riporta che è la sostanza più usata tra quelli che arrivano in comunità. Quasi 54.000 ragazzi tra i 15 e i 19 anni ne hanno fatto uso nel 2023, superando i livelli pre-pandemia. Luciano Schillaci (FICT) conferma l'abbassamento dell'età del primo uso e la "normalizzazione" della cocaina, non più percepita come un comportamento a rischio. Lo stereotipo del tossicodipendente con la siringa è svanito. Oggi l'eroina, quando usata, è per lo più fumata.
Il mondo digitale: social media e videogiochi, rifugio o prigione?
Non possiamo ignorare le dipendenze comportamentali, in particolare quelle legate a social media e videogiochi. L'aumento di ansia e depressione tra i giovani è correlato con un incremento del tempo trascorso online. Il ritiro sociale, con adolescenti chiusi nelle loro stanze che abbandonano persino la scuola (fenomeno giapponese Hikikomori, che significa “stare in disparte”), è spesso associato a un eccesso di gioco online.
Secondo ESPAD 2024, il 47% degli adolescenti mostra un profilo a rischio per l'uso dei social media, con prevalenza femminile, sebbene il divario di genere si stia riducendo.
Come osserva Barbara Forresi, psicoterapeuta, è cruciale chiedersi quale funzione svolgano questi strumenti: regolazione emotiva (ansia, rabbia, tristezza), ricerca di connessione sociale, fuga dalla realtà. Limitare l'accesso non risolve il problema alla radice se non si comprende il disagio sottostante. Per molti, il mondo online può diventare l'unico luogo dove sentirsi accettati, competenti o semplicemente distratti dal proprio malessere.
L'OMS ha inserito l'Internet Gaming Disorder nell'ICD-11, segnalando la serietà del problema.
Il disagio sottostante: quando la dipendenza è un sintomo
Le dipendenze, siano esse da sostanze o comportamentali, sono spesso la punta dell'iceberg di un disagio più profondo. Secondo una ricerca CNR-IRPPS, solo 3 giovani su 10 tra gli 11 e i 19 anni dicono di non soffrire di alcun disagio psicologico. L'Osservatorio Salute 2025 di Iqvia riporta che il 26% dei giovani italiani tra 18 e 24 anni dichiara di soffrire di ansia o depressione; il 25% di questi under 35 è in trattamento farmacologico (un raddoppio rispetto al 12% del 2024!).
L'incremento delle prescrizioni di antidepressivi tra i giovani (+38,5% rispetto al 2020 tra 10 e 34 anni, dati Iqvia) e di ansiolitici, come le benzodiazepine, è un segnale che non possiamo ignorare. Claudio Mencacci, co-presidente SINPF, ricorda che metà delle patologie mentali compare entro i 18 anni.
Queste "vie di fuga" (farmaci, gioco, sostanze, web) offrono un sollievo temporaneo, una momentanea disconnessione dal dolore o dalla pressione. Ma sono soluzioni illusorie che, a lungo andare, non fanno che aggravare il problema, creando nuove catene.
L'impatto silenzioso del covid-19
Non possiamo dimenticare l'onda lunga della pandemia. L'isolamento forzato, l'interruzione delle routine, la didattica a distanza, l'incertezza sul futuro hanno inasprito vulnerabilità preesistenti e ne hanno create di nuove. Molti giovani hanno trovato nel mondo digitale o nell'uso di sostanze un modo per far fronte allo stress e alla solitudine. L'aumento del consumo di psicofarmaci e del disagio mentale post-2020 è una chiara testimonianza di questo impatto. Il ritorno alla "normalità" non ha cancellato magicamente queste ferite.
Di fronte a questo scenario complesso, la risposta del sistema è fondamentale. Paolo Molinari, capo del Dipartimento delle politiche contro la droga, cita l'istituzione di nuovi Fondi:
- per le dipendenze patologiche (94 milioni/anno);
- per il contrasto delle dipendenze comportamentali giovanili (500mila euro/anno).
Oltre al Bonus Psicologo 2024-2025, con 21,5 milioni di euro stanziati.
Sono passi importanti, ma la domanda sorge spontanea: sono sufficienti? Il Bonus Psicologo, per esempio, negli anni passati, ha soddisfatto solo una minima parte delle richieste (1,7% nel 2023, 10% nel 2022). I servizi territoriali, come i centri antifumo (223 in Italia, concentrati al Nord), e i SerD (Servizi per le Dipendenze) lottano spesso con risorse limitate e personale insufficiente per far fronte a una domanda crescente e sempre più complessa. Una maggiore accessibilità dei servizi e criteri diagnostici più inclusivi possono contribuire all'aumento delle diagnosi, ma è la rete dei servizi sul territorio che deve essere potenziata in modo capillare.
Cosa possiamo fare?
Non esiste una bacchetta magica, ma un approccio multifattoriale è l'unica via percorribile:
- prevenzione precoce e consapevole. Non bastano lezioni frontali sui danni delle droghe. Serve una prevenzione basata sullo sviluppo di competenze socio-emotive (life skills): gestione dello stress e delle emozioni, pensiero critico, capacità di risolvere problemi e di comunicare efficacemente. Le scuole hanno un ruolo chiave, ma devono essere supportate;
- ascolto autentico. Dobbiamo imparare ad ascoltare i giovani senza giudizio, validando il loro disagio. Spesso, dietro un comportamento problematico c'è una richiesta d'aiuto inascoltata. Il dialogo in famiglia è fondamentale, ma anche gli insegnanti e gli allenatori sportivi possono essere figure di riferimento importanti;
- informazione corretta e non allarmistica. Demonizzare non serve. È necessario fornire informazioni equilibrate sui rischi reali, smontando i falsi miti (es. "le e-cig non fanno male", "la cannabis è leggera");
- rafforzare la rete dei servizi. Investire in servizi di salute mentale e per le dipendenze accessibili, gratuiti e a misura di giovane. Servono più psicologi scolastici, consultori giovanili potenziati, e percorsi terapeutici integrati;
- responsabilità sociale. Le aziende produttrici di tabacco, alcol, e piattaforme di gioco online devono assumersi le proprie responsabilità. Servono regolamentazioni più stringenti sulla pubblicità e sulla vendita ai minori (il fatto che il 62,6% degli 11-13enni riesca ad acquistare e-cig senza rifiuto è scandaloso);
- il ruolo dei media e degli influencer. Promuovere modelli positivi e stili di vita sani, invece di normalizzare o rendere "cool" comportamenti a rischio;
- comprendere la Funzione, Non Solo il Comportamento. Come suggerito dalla Dott.ssa Forresi, l'obiettivo terapeutico non è solo "rimuovere" il dispositivo o la sostanza, ma rimodulare le funzioni adattive alternative e intervenire sui contesti che mantengono il comportamento disfunzionale.
La trappola della normalizzazione
"Lo fanno tutti", "Cosa vuoi che sia una canna/una scommessa/qualche tiro di svapo?". Questa percezione di normalità è uno dei nemici più insidiosi. Quando un comportamento a rischio diventa "normale" agli occhi dei giovani, la guardia si abbassa. La sfida per gli adulti (genitori, educatori, società) è quella di ristabilire un confine chiaro tra ciò che è socialmente accettabile e ciò che, pur diffuso, rimane dannoso. Questo non significa essere repressivi, ma autorevoli e capaci di spiegare il "perché" dei limiti.
Riflessioni conclusive. Un futuro da scrivere insieme, con coraggio e speranza
Il quadro che emerge è complesso e, per certi versi, allarmante. Ma il pessimismo non è un'opzione. Ogni giovane che cade nella rete di una dipendenza è una sconfitta per l'intera comunità, ma ogni giovane che riusciamo ad aiutare, a comprendere, a instradare verso un percorso di crescita sana, è una vittoria preziosa.
La Generazione Z e le generazioni successive navigano in un mare pieno di insidie, ma possiedono anche risorse straordinarie di creatività, sensibilità e desiderio di autenticità. Il nostro compito, come adulti consapevoli e come società, è quello di fornire loro gli strumenti giusti per navigare queste acque, per riconoscere i pericoli e per scegliere la rotta verso un futuro più sereno e appagante. Non basta "tappare i buchi"; serve costruire fondamenta più solide, fatte di ascolto, empatia, educazione e supporto concreto. L'allarme è rosso, ma la speranza è verde, se sapremo coltivarla insieme.